Friday, December 31, 2004

Down Under Part 2

Oggi qui ci sono 34 gradi. Mattinata in piscina per cercare di aiutare Chiara ad avere dimestichezza con l'acqua. Io naturalmente non mi adeguo, ma ci vado lo stesso perché ho paura che l'amica di Mark, che tra parentesi insegna nuoto e si è offerta di accompagnarci (tra l'altro non ci ha fatto neanche pagare), si incazzi all'idea che io possa preferire la lettura di un (buon) libro al cazzeggiamento in piscina. Effettivamente sarebbe così. Solo che non mi va che pensino a Mark come a un poverino che ha sposato una scassacazzi-killjoy. Immagino già che qualcuno lo pensi. Personalmente mi è totalmente indifferente quello che alcuni amici di Mark pensano di me. Ritengo che per loro sia altrettanto indifferente ciò che io penso di loro. Ha! Questo vale soprattutto per alcuni elementi di sesso femminile. Con i maschi, siamo alle solite, vado abbastanza d'accordo. Come per Chiara. Con i gay, poi, ogni volta è un crush. O quasi. Per quanto mi riguarda devo dire che ho perso molto carisma in questi ultimi dieci anni.

Devo dire che avrei preferito una piscina aperta stile quelle di Sindelfingen al supa-dupa facility nel cuore di Albert Park. Almeno mi sarei abbronzata un po' e avrei sentito meno l'odore del cloro. Dopo i primi venti minuti di ansia Chiara comincia a divertirsi un mondo, e Daddy è un ottimo istruttore. Io faccio qualche foto da mamma orgogliosa e osservo gli altri pargoli che rispetto a mia figlia sembrano degli anfibi. Sono particolarmente colpita da un minuscolo animaletto difficilmente oltre i diciotto mesi di vita, il quale sguazza tranquillamente nell'acqua senza alcun timore, e si sollazza con tutte le diavolerie presenti nella children's pool: ci sono grosse manopole, stile raffineria per intenderci, da girare in senso orario o antiorario e con le quali si azionano vari giochi d'acqua, con zampilli che fuoriescono da lunghi tubi forati, e un vigoroso "soffione" che provoca urla incontenibili di divertimento.

Naturalmente Chiara cade vittima del bully di turno, una ragazzetta con i goggles che la trascina nell'acqua mentre lei è in groppa a Daddy, tutta contenta. Ma quanto sono stronzi i bambini in Australia. Secondo me un po' di Valium a colazione non potrebbe che avere effetti positivi sul loro carattere "esuberante".

Trovo Melbourne molto affascinante. Con questo strano contrasto fra l'architettura anglosassone e la flora mediterranea. Se vai per le zone residenziali ti sembra per un momento di essere in qualsiasi parte dell'Inghilterra, ma è solo un momento: che ci fanno gli oleandri, le bignonie, le bouganvillee, i nespoli fra i bovindi e le staccionate?

E si ripropone l'eterno dilemma dell'ipotetico soggiorno in Australia. Quante chances avrebbe Mark di potere tornare qui a lavorare per un anno? Se si eccettua l'età, non sono poche. A me non dispiacerebbe. A me non dispiacerebbe comunque andare in qualche altra parte del mondo che non fosse Roma. Mi sento come a vent'anni, che non vedevo l'ora di cambiare aria, e poi dopo un po' mi stancavo e volevo tornare a casa, oppure partire verso un altro luogo sconosciuto. Sono sicura che dopo un anno anche Melbourne mi verrebbe a noia, e comincerei a sopportarla come sopporto Roma. In un certo senso Roma mi piace anche, anzi, è la più bella città che conosco -- non che ne conosca tantissime, e comunque cosa significa conoscerle? Da turista potrei anche dire di apprezzare una città come Palermo. Da residente, mi verrebbe l'orticaria. Ma la gente mi viene voglia di pestarla sotto i piedi.

Anyway, dato che mi trovo in questa parte del mondo avrò anche l'onere e l'onore di entrare nel 2005 prima degli Europei. La cosa non mi entusiasma più di tanto. Lots and lots and lots of New Year's Resolutions quest'anno. Ma tante tante. E tutte molto importanti. E altrettanto impossibili. Intanto saluto il Nuovo Anno con un conto corrente all'asciutto, due punti in meno sulla patente (me ne fotte assai) e una full-blown menopausa. Non c'è male. Ma ci sono anche un marito meraviglioso (pur con i suoi difettucci), una figlia diabolicamente fascinosa e una nutrita schiera di buoni amici. I'm happy this way.

Tuesday, December 28, 2004

Down Under Part 1

Ieri mattina sono stata svegliata dalla pioggia. Pioggia è un eufemismo; diciamo piuttosto una violenta scarica di acqua -- suppongo gelida quanto basta -- che è durata per un periodo non meglio quantificabile, essendo io in realtà in stato semicomatoso. Ebbene, siamo all'inizio dell'estate australiana, e qui fanno 16 gradi. Lo dico per tutti quelli che pensano che io me ne stia in riva al mare a prendere il sole. Certo sto molto meglio di chi ha scelto di andarsene alle Maldive.

Melbourne, con i dovuti termini di capovolgimento, si trova alla stessa latitudine di Trapani. Purtroppo però tra lei e il Polo non c'è un continente (a sua volta dotato di un mare interno, catene montuose, ecc. ecc.), bensì una distesa di mare piatto. Le conseguenze di questa particolare disposizione geografica possono essere disastrose. Come ha detto ieri Mark T, siamo vicini alla fine del mondo. Lì all'orizzonte, oltre Port Phillip, c'è l'Antartico, cazzo.

Quando qui soffia vento da sud non è lo scirocchino nordafricano, bensì una gelida massa che ti intorpidisce le membra. Mentre quando il vento comincia a soffiare da nord, cioè dall'interno desertico, i termometri salgono di 10-12 gradi nel giro di poche ore. Qui lo chiamano warming up. Una bella esperienza: esci alle dieci di mattina tutto contento per il teporino primaverile e a mezzogiorno hai la lingua di fuori perché ci sono 37 gradi.

L'unico vantaggio, per una come me che ha subito l'insulto delle torride e perenni estati palermitane, quando non hai scampo alla calura neanche di notte, è che qui il tempo è MOLTO mutevole. C'è il warming up, certo, ma massimo entro un paio di giorni hai il cool change: ed ecco che ti ritrovi in una situazione molto simile a quella attuale. Che dire? Tutto sommato la preferisco alla monotonia dell'estate dell'altro emisfero. Però se uno è metereopatico può anche rimanerci secco.

Le giornate passano tra un turbinio di amici di Mark, Simon e Mark T, con un ritorno ai vecchi tempi -- ah, il buon sano etilismo di una volta -- e scorpacciate di specialità culinarie, soprattutto asiatiche. Domani, per esempio, dim sum. Meraviglioso. L'altro ieri, giapponese. Chiara ha gradito moltissimo. Ha anche provato ad usare i chopsticks, con notevole successo. Stasera io e Mark rimaniamo a casa e ci facciamo un take away tailandese. Magari con l'aggiunta di qualche Cascade.

Due giorni fa siamo andati a un barbecue, o barbie, come dicono qui, perché qui si accorcia tutto, è un po' come con il tedesco in Svizzera o in Schwabien: il Natale è Chrissie (giuro), i regali non sono presents ma prezzies, e via di questo passo. Nice introduction to Aussie culture. Qui naturalmente per Natale si fa un barbecue, non si fanno né tortellini né lasagne. Salsiccie, bistecche, gamberoni, crayfish. E tanto, tanto alcool.

Friday, December 24, 2004

Facendo finta che le paturnie per il bagaglio irrimediabilmente perso mi siano finite, spendo un po' del mio preziosissimo tempo di relax per fare un po' il punto della situazione.

Qui sono le undici di sera e abbiamo appena finito di impacchettare quattro regalucci per i parenti -- nonché per i parenti dei parenti che, secondo un saggio detto della mia terra, "ammia 'un mi vennu nenti". Però siccome domani sono lì a rompere i coglioni con noi, gli si deve pure dare un gettoncino di presenza.

Accanto all'alberuccio di Natale ho messo il regalone per Chiara, che tra parentesi continua a fare qualche confusione e a chiamare l'albero di Natale "Babbo Natale" oppure "Kismastaim". E' il primo anno che manifesta qualche entusiasmo per la ricorrenza e mi fa molta tenerezza. A differenza dell'anno scorso la preparazione dell'albero l'ha vista partecipe e consapevole (fino a un certo punto), affascinata dagli ori e dagli argenti e dagli scintillii vari. Immagino che l'anno prossimo sarà ancora più coinvolta. E che soprattutto non potremo andare con lei a comprarle i regali...

Domani arrivano Simon e Mark T, da New York e da Londra rispettivamente (minchia rincoglionimento) e la grande famiglia G sarà riunita, immagino per una delle ultime volte. Sono molto contenta per Mark perché per lui è una cosa importante. Ieri l'incontro con sua madre è stato molto commovente. Per quanto l'Alzheimer galoppi lei l'ha riconosciuto, e anche oggi, non appena l'ha visto, ha sorriso (mentre due secondi prima, vedendo me e Chiara, non aveva dato segni di vita). Muovendomi nella sua casa, con tutti quei pizzini applicati qui e là per ricordarsi le cose, nella sua scrittura appena un po' tremolante, fra le sue fotografie, mi sento un po' come se sia già morta e noi stiamo lì fra le sue cose che sanno di vecchio e di passato. Non so che impressione mi faranno quando sarà veramente morta e magari mi ritroverò ancora in questa casa. Avere l'Alzheimer è molto come morire. Ho visto svanire il suo senno nei quattro anni che l'ho conosciuta. Non avrò mai di lei l'idea di una persona "normale", e mi dispiace tanto. Da quanto mi sembra e da quanto so non deve mai essere stata una persona duci ri mussu, facile da prendere, easy to please. Chissà. Però Mark la ama molto e ieri, mentre davanti a me camminavano abbracciati, pensavo a quanto sarebbe bello avere ancora la mia, di madre, quanto meno per sapere se anch'io mi succhiavo le dita come Chiara.

Monday, December 20, 2004

Merda merda merda

Eccomi a Melbourne.
Lo stress va gradatamente scemando ma è successo qualcosa che mi farà stare in una malcelata situazione di rabbia per chissà quanto tempo. Questo perché avrei dovuto rilassarmi.
Arrivando finalmente a destinazione alle 2.30 di notte ora locale, dopo oltre 3o ore di viaggio di cui 24 in aereo, tre scali, non so quanti security checks, una bambina in stato isterico, un paio d'ore di sonno - merdoso - sul groppone, il nostro stato di rincoglionimento è tale che ci dimentichiamo una valigia sul taxi. C'erano dentro alcuni miei gioielli, i libri di Chiara, i nostri regali di Natale.

E addio ti dissi. Alla faccia della "cultura diversa" di cui parla Mark, il bastardo di tassista non ha fatto un cazzo per farcela riavere. Il bastardo non si può rintracciare. Ci vedete, in quelle condizioni, ricordare il numero di un taxi o leggere il nome del bastardo sul tesserino sul cruscotto di un van e quindi distante da noi e/o stampato a caratteri microscopici quel tanto che basta per rendercelo indecifrabile? Hanno detto che ci sono 1700 taxi di quella compagnia a Melbourne. Ma quanti con quel tipo di van e quanti in night duty la notte di venerdì 17 dicembre?
Compagnia dei taxi, polizia...niente da fare. L'ho presa proprio male.
Non è giusto cominciare un viaggio così, cazzo. Perdi qualsiasi fiducia nel genere umano.

Monday, December 13, 2004

Di fronte al gran casino che mi trovo davanti mi chiedo: ma forse che una parte non troppo inconscia di me stessa non abbia voglia alcuna di partire?

Oh, yeah!

Non ho ancora fatto la valigia. No, magari diciamo che non l'ho finita. Oddio, magari specifichiamo che se vado avanti così finirò alle due di notte.

Aiutooooooooooo!

L'arte della disorganizzazione

Sono ritornata ai vecchi 56K (anzi 46666 per essere precisi) e ci metterò vent'anni per pubblicare questo post.

Sono vedova bianca con prole a carico. Sarà faticoso fare tutto con Chiara come strascico, ma non ho intenzione di uscire una lira per babysitter, e poi non è detto che ne troverei una anche se la cercassi. La casa è un unprecedented bordello: attorno a me ci sono ben sette valigie di varie dimensioni, otto se conto anche la case del laptop. Tre bustoni di carta, una busta di plastica. Il divano letto impraticabile e straripante di lenzuola, cuscini, vecchi vestiti di Chiara, vestiti miei, giocattoli. Sulla scrivania altri giocattoli di Chiara e le tipiche ultime cose che devi infilare nel cabin luggage: regali, toiletries, cazzate varie. Appeso a uno degli scaffali dei CD un assegno di Mark per il cambio. Anche il tavolo è discretamente invaso da scartoffie e indumenti, ma poco male, perché io e Chiara abbiamo mangiato sedute comodamente davanti la TV, lei in poltrona io sullo sgabello. Quando il gatto non c'è i topi ballano: a dormire dopo le dieci e abbuffata di MTV, però il bagnetto l'abbiamo fatto e lei è andata a letto senza rompere troppo (eccecredo: meglio di così...)
Domani sarà una giornata campale se non riesco a mantenere il ritmo, il che è abbastanza probabile, 1) perché sono stanca ancora prima di cominciare; 2) perché Chiara sarà, con tutte le buone intenzioni, una palla al piede notevole; 3) perché ormai la mia disorganizzazione è proverbiale.

Mi preoccupa questo fatto di non riuscire a organizzarmi, a decidere: basterebbe mettersi lì come un'idiota e fare le cose per gradi, ma non riesco a fare neanche quello. Mi arrabatto, cerco dei vestiti da portarmi, metto da parte un paio di cose, poi penso: "e se fa caldo?" "e se fa freddo?" Melbourne mi ha già fatto vedere un capodanno in cappotto, e l'anno successivo invece quasi tre settimane di caldo torrido, quindi davvero devi portarti un po' di tutto, a meno che non ti salti il ghiribizzo di comprarti là quello che ti serve. E con i tempi che corrono per le mie finanze non mi sembra proprio il caso.

Insomma, sono lì che faccio questi balletti del cazzo, e il peggio che devo farli non solo per me, ma anche per Chiara, e lì diventa una tragedia perché mi lascio prendere dalla sindrome bambola e vorrei portarle di tutto e mettere in valigia tutto quello che ha. Devo anche stare attenta a non portarmi cose dell'estate che magari non le vengono più. Che casino. E poi il bagaglio a mano, che stress!!! Quanti cambi, che cazzo ci metto? E Mark sempre lì come un watchdog a dirmi: hai messo l'asciugamani? hai messo i cracker? Giuro che quando fa così non lo sopporto...ho qualche amica con un marito scassacazzi di questo tipo, ma alla fine Mark è più disorganizzato di me. Non so se ridere o se piangere.

Da quando c'è Chiara non riesco a organizzarmi, questo è certo. Ho fatto decine di viaggi per i cazzi miei e non mi è mai venuto il coccolone. Non avevo bisogno di fare le liste, anche se alla fine le facevo, più per vezzo che per altro, ma le cose le sapevo a memoria. Da quando c'è lei mi dimentico sempre di qualcosa, o il bavaglio o l'acqua o i fazzoletti. Faccio figure di merda. Non che me ne fotta molto, ma è fastidioso, cazzo.

Speriamo che domani il cielo sia chiaro e la mente anche. Ne avrò bisogno. Adesso vo a letto perché il sonno di questi tempi è necessario. Fra due giorni lo desidererò fino allo spasimo, e non riuscirò a chiudere occhio.

Friday, December 10, 2004

Tragedy is not the hard part. The hard part is when you don't quite succeed and you have to keep on fighting. When you must keep going on and on and on in the face of really hopeless odds, of real temptations to despair.

(Cordwainer Smith, The Lady Who Sailed the Soul)

All hands on deck...

Io mi chiedo a cosa serva avere delle amiche se poi non riesco neanche ad aprirmi un po' con loro. Forse ho vergogna della mia situazione; ma di cosa dovrei vergognarmi, poi. Forse il mio essere arrivata lì dove loro ancora non sono arrivate mi fa stare a disagio. Non riesco a comunicare nulla.
Non riesco, non riesco...adesso mi viene in mente le statistiche che facevo al liceo, quando alla fine di un quaderno del mio diario scrivevo quante volte ricorrevano voci tipo "non riesco" "non posso" e via di questo passo, tanto per avere meglio un'idea della mia incapacità congenita di reazione. Già, non sono particolarmente reattiva, nei confronti della vita. Sempre le freccie spuntate, diciamo. Non che non sappia mirare all'obiettivo. Ma le freccie non lo colpiscono.

Avrei bisogno di molto aiuto. Me ne rendo conto, per cercare di dipanare questa matassa. Però lo nego e mi nego, e le amiche devono venire ad elemosinare queste mie confidenze - diciamo che solo Dani lo ha fatto - mentre alcune si sono giustamente rotte le palle e mi lasciano nel mio brodo.

Tuesday, December 07, 2004

La prossima volta alle Poste - possibilmente non Italiane

Oh beh allora, qualche digitatina (nessun riferimento onanistico, prego, spec con i tempi che corrono...) prima di rituffarsi nella routine quotidiana.
Sembra che io sia ufficiosamente in ferie, il che tradotto in soldoni - oddio, proprio in soldoni no - equivale a dire che questo mese di dicembre sarà in rosso fisso. Già mi ritrovo con un conto in banca ai minimi termini, causa pagamenti put on hold, finanziamenti in attesa, bastardi che si tengono i soldi. Una si ritrova con uno stato di liquidità assai viscoso ma cerca conforto nel pensiero che, a conti fatti, le devono ancora una scodellata di mila euro. Conforto? Ti senti così scorata che ti incazzi pure, e di brutto.

Questo è un lavoro che prima o poi ti incazzi. Ti incazzi perché non ne hai, o ne hai troppo e non ce la fai e allora devi dirottarlo - se ci riesci, e comunque poi ci devi sempre ridare un occhio perché ti fanno arrivare certe schifezze - oppure devi rinunciare, e maledici tutto e tutti per il mistiming, magari perché era molto meglio di quello che hai.
Ti incazzi perché non capisci mai che cazzo devi fare. Non che questo compaia poi a conti fatti nel tuo reale rapporto con il/di lavoro. Ma tre volte su quattro a livello subliminale sei sempre lì a chiederti se è giusto tradurre così, e ti vengono le paturnie della backtranslation, e quando arrivi a questo punto hai toccato il fondo, e la cosa che faccio io è alzarmi dalla scrivania e andare al cesso/in cucina/sul terrazzo/per la strada/affanculo/anywhere.
Ti incazzi perché passi da gente che ha i neuroni con i recettori transmembrana per l'ISO 9001 e ti manda elenchi/boilerplates/TMs/commenti/cazzate a gente che non capisce neanche cos'è una cartella...

Adesso vado, è tardi. Cielo quasi azzurro e temperatura caldina per Prato. 'Sto pomeriggio uscita con bimba per ammirare le luminarie e le vetrine, anche senza un soldo in tasca. Tanto ormai non mi frustro neanche più, c'ho fatto il callo.

Monday, December 06, 2004

Avere un backdoor nel backdoor

Riscrivo questo post, che avrebbe già dovuto essere stato visibile sul sito, se non fosse stato per un improvviso ammutinamento che non so a cosa addebitare (da qui il post precedente). Stanotte per un attimo il mio blog è diventato schizofrenico e si è suddiviso in due, da una parte un solo post con questo titolo, dall'altra tutto il resto. Adesso le cose sono ritornate "normali", solo che il post è scomparso, perso fra i meandri del web. Adesso me lo immagino roteare su stesso nell'immenso silenzioso universo, come l'astronauta fatto fuori da Hal in 2001 Odissea nello Spazio.
In breve, ho un altro cazzone di trojan nel computer. Uno proprio di quelli brand new, o meglio un update dei soliti SdBot, o giù di lì. Che Norton, come suo solito, ignora signorilmente, ma che Kaspersky ha identificato benissimo come trojan, salvo poi rispondermi picche quando volevo capire come cazzo toglierlo di mezzo. Non so come ci sia entrato, non oso immaginare che nonostante il clear-out fatto due mesi fa qualcosa sia comunque rimasto e sia riuscito a rifarsi una vita. Sfruculiando in regedit tra l'altro ho trovato che ero comunque piena di roba in HKCC, anche se ormai gli .exe non c'erano più...mi sa che dovrò reinstallare tutto, per evitare altre brutte sorprese.

Qualcosa non quadra

sssssssa-ssssssssssssssssa- prova-prova-sssssssssssssssa-ssssssssssssssa

Friday, December 03, 2004

Svenevolezze

Stanotte ha piovuto molto. Questo non ha fatto altro che intensificare - sempre che ce ne fosse il bisogno - le mie difficoltà a prender sonno. Però ero abbastanza serena, qualche endorfina resisteva, e quindi non mi sono lasciata prendere dalle molte paturnie che mi affliggono.
Sono rimasta per un po' di tempo a chiedermi semplicemente se dopo tutto non ci sia un celato disegno nella vita.

Quello che mi è accaduto questa settimana è piuttosto strano. Con la morte nel cuore ero pronta a immolarmi sull'altare del Lavoro-A-Tutti-I-Costi. Ho affrontato questa cosa come se stessi andando al patibolo. Una microscopica parte di me diceva "vedrai che non sarà poi così male", ma cosa poteva farci di fronte all'evidente mancanza di preparazione, di esercizio, di concentrazione, di sinapsi? Sarebbe stata una débacle mortificante, lo giuro. Sarebbe stata una versione reale, spaventosamente reale, di uno di quei sogni da frustrata che mi capita di fare, io in cabina con la cuffia e l'oratore che parla una lingua che non capisco e che I'm supposed to be interpreting from... panico. PANICO.
E invece, mercoledì, proprio poco prima di decidermi a comparmi il biglietto del treno, mi telefonano dal Ministero e mi dicono che non se ne fa più niente, che i russi non arrivano, che tutto è rimandato a data da destinarsi. Ero così presa dalla botta che non riuscivo neanche a provare un briciolo di sollievo. Anzi, non credo neanche di essermi sentita sollevata, dopo. Be', un po' sì, ma era come se l'avessi saputo, eppure la paura e la sensazione di stare andando al patibolo avevano cominciato a materializzarsi già da tempo.

Ora, mi chiedo: a parte la clamorosa botta di culo, mitigata dalla mancanza dei soldini che non arriveranno, mi chiedo se questo evento non sia voglia significare qualcosa di più.

La notte fra martedì e mercoledì ho avuto un attacco di asma. Forte, non l'avevo così da mesi, forse da un anno e più. Mi sono svegliata per la mancanza d'aria. Mi sono fatta un puff. Meglio dieci pattern aritmici che morire soffocata, lo giuro. La crisi cessa. Mi riaddormento ma ormai sono compromessa e per riprendermi ci metterò ore. L'ipossia mi fa sragionare. Sento qualcuno che mi tocca i capelli, e non è Mark, che durante tutto questo non si è mai svegliato, povero amore stravolto da dodici ore di lavoro. Delle dita, delle manine che sfruculiano il piumone. È Chiara, mi dico, è Chiara che è scesa dal lettino, è scesa dal lettino con le sbarre non so come cazzo ha fatto ma c'è riuscita e adesso è venuta da noi. La lascio venire a letto e poi crollo.

Non so chi mi abbia accarezzato i capelli, ma certo vorrei tanto credere che sia stata mia madre.

Friday, November 26, 2004

Ah, dimenticavo...

Già dimenticavo di rispondere alla domanda: ma non dovevi essere a Roma per lavoro?

Ebbene, come si dice(va) dalle mie parti, me la sono scapoliata, inventandomi la più sonoramente platealmente palesemente finta delle scuse, cioè mia figlia. Ripeto: inventandomi.

Bisognerà ritornare su questo evento. Vagamente ricordo me stessa fare a moue of distaste al solo pensiero di farlo. Accompagnato da un allarmante pensiero sull'inizio della fine. Ora che l'ho veramente fatto, non mi frega granché, e riflettevo ieri sul fatto di essere perfettamente in pace con me stessa, anzi, assolutamente relieved. Vuoi mettere il risveglio di stamattina, con Mark adorante (continuo naturalmente a chiedermi il motivo di tale adorazione), caffé e truffle, nel calduccio della casa pratese, con la sveglia gracidante di Roma, il freddo, la perturbante sensazione di fifa, la ricerca del miglior mezzo per arrivare in culo al mondo, e il passare le ore con gentildonne della fatta di certe mie colleghe?
Ma quanto sono stata BRAVA.

Sproloqui

Per un attimo ho pensato di traslocare. Ho anche creato un nuovo blog. Questo però a conti fatti continua a piacermi di più, quindi rimango qui. È anche molto meno prone to intrusiveness. Che mi frega se poi mi leggono o meno? Dove sto adesso, devo capitare l'italiano schiffarato. Nell'altro sito sono alla mercé di tutti. E alcuni blogs sono molto carini, ma altri...manteniamoci sul vago, diciamo che non lo sono. Poi tutto è opinabile. Ormai è chiaro che impazza il concetto di "raccontiamoci sopra". Me compresa, naturalmente.

Wednesday, November 24, 2004

Gioie

Non è possibile che ogni notte mi venga voglia di cancellare questo blog e ogni mattina mi venga voglia di scriverne un pezzo...
Serata malefica passata a stirare un montagna di panni mentre Mark passava in scansione (scusate ma scannerizzare continua a farmi venire i brividi) tutto il cricket su Internet.
Ah, le gioie del matrimonio!

Tuesday, November 23, 2004

È stato un weekend un po' frenetico, ma mi accorgo solo adesso di quanto l'avessi desiderato. La casa a Roma è sempre più polverosa e ingombrata da mille pacchi e buste e valigie. Chiara ci mette il suo posizionando sul pavimento, in ordine sparso, tutti i giocattoli o pseudo-giocattoli che riesce a trovare, nel giro di dieci secondi. E quel cazzo di TV sempre accesa con i Teletubbies. La prima parola di mia figlia ieri mattina, appena sveglia: "Teletubbies". Stiamo praticamente facendo di tutto per farla diventare un'ameba decerebrata degna spettatrice televisiva. Per farmi forza mi dico che fin dalla più tenera età tratta libri e carta stampata con molto rispetto, non ha (quasi) mai strappato un pezzo di carta e sfoglia tomi con levità, grazia e indiscutibile interesse.

Sabato mattina partenza in macchina. Grazie alla mia lungimirante deficienza quattro fermate estemporanee per figlia vomitante la qualsiasi. Bestemmie atipiche per far sì che la bambina non ripeta o comunque, se ripeterà, la cosa susciti ilarità e non scandalo. Meno male che avevo tre cambi nello zaino.

Arriviamo a casa con Mark in fibrillazione, ma lo capisco: è sempre stato così quando deve incontrare suo fratello, e mi dispiace non poterlo accompagnare anche se in fondo in fondo mi lascio scappare un sospiro di sollievo, perché quattro adulti (di cui tre oltre gli 80 chili) + bambina in una Y10 che sta per entrare nell'undicesimo anno di vita mi sembrano francamente troppi. Resto in casa a cercare di mettere a posto, cazzeggiando e ingollando antistaminici nella vana speranza di frenare l'immane risposta anticorpale del mio organismo.

Quando usciamo per andare al ristorante, il freddo è pungente e un po' umido, ma sono ben coperta e mi fa un baffo. Non abbiamo il motorino, ma un ballonzolante autobus nella migliore tradizione romana: apparentemente privo di sospensioni e guidato a singhiozzi dall'autista.

Cerco con la testa di rituffarmi indietro, nella mia storia con Mark: gli indico con la testa l'orribile ristorante argentino dove mangiammo la seconda o forse terza volta che mi trovavo a Roma, il mio sguardo passa sulle stradine che ci racchiudevano mentre le attraversavamo, mano nella mano. Io sentivo il rumore dei miei stivali. C'era lo stesso freddo, o anche di più. Quelle sensazioni mi sfuggono. Rimane solo il rimpianto di non provarle più.

Ma l'incontro con Simon e Mark T mi fa bene, e in quella full immersion di inglese mi ritrovo, e la serata passa in fretta, riesco anche a conversare amabilmente, malgrado le mie orecchie ricevano più confusione che sillabe comprensibili. Io e Mark non ci scambiamo neanche le vivande - comunque abbiamo scelto lo stesso primo - e non so quante volte il suo sguardo si sia posato su di me. Io non ricordo di averlo guardato come lo guardavo quattro anni fa. A casa di Christopher, poco prima di sposarci, riuscivo a sentire la presenza fisica dell'attrazione fra di noi, e sicuramente la sentivano tutti gli altri. Che tristezza, che tristezza. Solo adesso ci penso e mi sento male.

Che fine sta facendo il mio matrimonio, anzi, la mia vita insieme a Mark?

Tuesday, November 16, 2004

Non mi riesce molto bene, scrivere questo blog. Forse dovrei davvero ritornare alla carta e penna, sicuramente ci metterei molto più tempo ma forse sarebbe un esercizio molto più salutare per i miei neuroni.
Ho da circa dieci anni ormai questo convincimento, cioè quello di essere schiavizzata dal computer e dalla sua velocità. Nonostante questo uso continuo, poi, non riesco ad assimilare veramente nulla che venga da me letto sullo schermo di un computer. Diciamo pure che ho qualche difficoltà anche con la carta stampata: nei momenti di maggiore stress mi riesce difficile anche la pagina di un giornale...la mia mente si perde nei meandri delle mie paturnie e non ne esce più, e io arrivo a fine articolo e non ci ho capito un cazzo. Stessa cosa dicasi per i libri: ormai devo leggere qualcosa che ne valga la pena, altrimenti usare un libro o un potente sonnifero per me è lo stesso. Ultimamente solo Cordwainer Smith mi ha dato un brivido. Adesso sto leggendo l'ultimo di Elizabeth George, e sono un po' dolori, e si sviluppa anche la sindrome da vicious circle: ve l'immaginate voi leggere un giallo in questo modo, con intere pagine passate allo scanner dei miei occhi senza che capisca una beneamata mazza di quello che leggo? La storia va tutta a puttane, e di conseguenza l'interesse va scemando sempre più, in un crescendo di incoerenza e confusione. Inglese, italiano...fa lo stesso.
'Sta cosa, dicevo, mi dura da tantissimi anni, e non so se attribuirla al decadimento cerebrale di cui mi sento decisamente vittima -- e come non potrei non farlo, se faccio un paragone con la rutilanza delle mie facoltà mentali durante i miei anni di studio? -- oppure solo a una questione psicologica e non organica. Se fosse esatta quest'ultima ipotesi, dovrei cominciare seriamente a considerare la necessità di elargire i miei soldi a qualche shrink. Se invece la prima possibilità dovesse essere quella giusta, allora le cose diventerebbero più problematiche riguardo all'identificazione delle cause. Io ci metterei anche il mio lavoro al computer, per quanto questo mi sappia di luddismo stonecold, però che ci posso fare?, ho questa forte impressione.
Ho tra l'altro un forte craving che mi prende quando la mattina mi sveglio. Adesso, per esempio: sono le 8 e mezza e sono qui davanti al computer. D'accordo, sto facendo una cosa che mi va di fare, però sono anche leggermente incazzata, perché potrei farla davanti a un quaderno e con una penna in mano. Va bene, non sarei così veloce, non riuscirei a seguire i miei pensieri così rapidamente ed efficacemente come faccio con una tastiera. Non riuscirei neanche a fare un editing decente dei miei pensieri. Però sarei più autentica, più naturale. Il mio pensiero non si infrangerebbe contro la plastica, ma seguirebbe l'ondeggiare dell'inchiostro sulla carta, si prolungherebbe naturalmente su di essa. In poche parole, mi farebbe molto più bene. Alla mente, al cuore, agli occhi.
Non abbiamo fatto niente di particolarmente eccitante nello scorso weekend, ad eccezione di una puntatina nella Chinatown di Prato, il che mi piace sempre tanto. La giornata era bella anche se molto ventosa, Chiara in stato di grazia, Mark molto affettuoso, io discretamente on the loving side, abbiamo fatto bisboccia di roba cinese come i pazzi, andando a finire in questa rosticceria dove vendono davvero the real thing. Poi domenica sera abbiamo avuto a cena un ennesimo ospite "international", per la gioia di Chiara che sta ridiventando, con sollievo devo dire, molto socievole. Non so perché -- anzi, il perché lo so, ma è sordido, quindi non intendo scavare a fondo -- ma mi ero immaginata questa Ano come una stunning blonde di quelle per cui Mark sbaverebbe. Invece era una ragazza abbastanza anonima, timida quanto basta, dall'aria molto innocua, decisamente poco articolate in inglese (non capisco Mark quando mi fa notare che il mio inglese perde colpi e poi definisce gente così "fluent"...).
Da oggi sono ridiventata disoccupata, ma potrei cominciare a prepararmi per il convegno. A proposito, nessuna notizia. Resto nel mio convicincimento che la tipa abbia combinato un gran casino con le persone che ha chiamato...a me importa ben poco, l'importante è che mi dica che devo fare, the sooner the better.
In compenso è arrivato un po' di ossigeno in banca: due pagamenti, entrambi inattesi. Restano in sospeso numerosi altri. Devo preparare altre fatture.
Vorrei dire tante altre cose ma adesso non ce la faccio. Se continuo ad alzarmi alle sette forse riuscirò a farlo.

Friday, November 12, 2004

Non ho tempo, non ho tempo, né per me mé per altri, sono alle prese con questo copione del cazzo con questi americanazzi scafati che parlano a manetta e ad ogni frase non sai se parlano sempre di buchi ed ero oppure magari la loro vita ha qualche altra finalità segreta che io non riesco a intravedere. Il peggio è che neanche Mark riesce a sondare questo insondabile. Mi sa che mi tengo sul vago. ODIO mantenermi sul vago! Non è professionale (ha!) ma soprattutto mi fa andare in bestia. Poi è una di quelle cose che fra i veri addetti ai lavori (e ahimé il mio cliente ne ha qualcuna niente male) salta all'occhio come niente...in questi casi è meglio la collaborazione stretta, sient'ammè...del resto dubito che anche loro ci capiscano qualcosa.
La storia è davvero un coacervo di misfortunes fra questi hobos che viaggiano su e giù per l'America by courtesy (si fa per dire) delle varie compagnie ferroviarie: c'è chi si inciucca, chi si buca, chi racconta cazzate a manetta - storie di combattimenti all'ultimo sangue nel Vietnam senza però esserci mai stato - chi parla coi cani (e bene fa), chi dà lezioni di amicizia, chi guadagna soldi e se li spara in minchiate, chi fa car crashes allucinanti, perfino chi si innamora e chi fa figli. C'è anche chi viene lasciato dall'amata e chi muore, of course. La Vecchia Signora dal Sorriso è sempre presente, in storie come queste.
Un bella botta di vita per me che ho il culo appiccicato su questa orribile ma costosissima sedia di plastica, scomoda come lo possono essere soltanto le costosissme sedie di plastica con tanto di nome del designer sul retro.
Va', va' che mi vado a rifare la vita (quella fra fianchi e busto, per intenderci) in palestra.
Anna mi messaggia dalla Germania in preda all'isteria, Sara ha un'infezione intestinale e lei è ritornata al suo ruolo di round-the-clock mama. Hai voluto il nido? Adesso beccati un annetto di svariate infezioni. Leggi dell'immunologia. Non c'è miglior terreno di coltura per i bugs che un bell'asilo nido dove decine di bambini si scambiano reciprocamente i mocci.
Sembra che io e le mie amiche ormai non facciamo altro che parlare delle nostre figlie. Domenica scorsa è venuta Daniela e non abbiamo fatto altro che parlare di nidi, lettini, pasti, vestitini...e pensare che solo quattro anni e mezzo fa mi trovavo con lei in un ristorante kosher, al riparo da una gelida notte fiorentina, e certo a tutto potevamo pensare tranne che a questa fine.
Comu n'arriduciemmo...
Ah, dovrei lavorare venerdì 26 a Roma. Gentile concessione di chi vorrebbe entrare a far parte dell'Olimpo (???) dopo anni passati a sputtanarsi e a fottere lavoro stariffando. Così va il mondo. Le stariffatrici prosperano e adesso ti offrono anche il lavoro. Tu, che sei stata deontologicamente perfetta fino al costo della fame - letteralmente parlando - sei naturalmente costretta ad accettare. Fanculo.

Tuesday, November 09, 2004

Pledge

Certo che se continuo così di questo passo mi verrà la voglia di premere il pulsante "delete this blog" e buonanotte. Il fatto è che per me è impossibile mettermi davanti al computer la sera tardi, o a notte fonda, come suppongo che faccia la maggior parte della popolazione dei blogger, semplicemente perché il mio profilo non è certamente conforme a quello della maggior parte della popolazione dei blogger. Sono una madre di famiglia, io. E per di più il computer rappresenta il mio mezzo di produzione, per cui alla fine della giornata, quando stacco intorno alle 6, del computer ho le palle così piene che l'idea di mettermici davanti ancora mi fa venire da vomitare. Meglio strappare qualche mezz'ora al lavoro la mattina, tanto sono il boss di me stessa e nessuno mi può rompere le palle (bella questa nuova definizione che ho dato del mio lavoro di traduttrice-interprete free-lance: il boss di me stessa; dovrei ripetermela più volte stile mantra quando mi accorgo che la gente non mi paga da un anno - a proposito, devo telefonare a quegli stronzi di Catania - o quando l'idea di andare in ferie diventa una fonte di ansia pazzesca di fronte a tutti quei giorni senza reddito...)

Vediamo se posso magari approfittare di questa mezz'ora per fare un blog, almeno cinque giorni alla settimana. Un blog con orari da ufficio. 10am-6pm, Mon-Fri.

Qui a Prato è improvvisamente arrivato il freddo, un freddo da 5° alle 9 di mattina. L'ho presa davvero male, strano per una come me che al freddo non ci ha mai fatto tanto caso. Forse sarà perché ho ancora la roba davvero pesante a Roma. Forse?
Un VERO problema della vita matrimoniale, anzi, a tre - cioè con prole inclusa - è che alla fine dei conti non puoi programmarti la vita come cazzo ti pare. Detta così sembra una banalità pazzesca - la mancanza di libertà totale in questo senso è probabilmente un caposaldo del matrimonio - ma quando la provi sulla tua pelle, e soprattutto non hai più il contraltare del rapporto idilliaco con l'amato/a, ti fermi per un attimo a considerare con più attenzione le ragioni che ti hanno spinto al fatidico passo. Ti chiedi se, con l'aumento - inevitabile? - delle frustrazioni e delle limitazioni e delle oppressioni e l'affiochimento - inevitabile anche questo? - del desiderio, della volontà e delle forze, prima o poi non andrà tutto a puttane.

Se uno si lasciasse prendere dallo scoramento probabilmente mollerebbe tutto alla prima difficoltà, alla prima sensazione di limitatezza. Sarà vigliaccheria o coraggio, il fatto di continuare? E se continui, lo fai facendo finta di non vedere o avendo un quadro ben preciso di quello che non va? [Cioè, in altri termini, vigliaccheria o coraggio]
Non lo so perché continuo. Forse perché, a conti fatti, quello che ho adesso è decisamente molto migliore di quello che avevo prima.
Ma certe volte non è ancora abbastanza.

Friday, October 29, 2004

Ehoh!
Non che abbia granché da dire. Solo che alle otto e venti di mattina, con un marito già fuori di casa per motivi di lavoro (bestemmiante, anche) e una figlia ancora tra le braccia di Morfeo, una magari un po' di tempo lo trova.
Ho avuto per le mani un lavoro che mi ha fatto tanto ricordare il mio luogo natio (merda) e che mi ha fatto capire quanto sono fortunata a lavorare con gente non italiana. Per la serie: ti mandiamo 10-15 cartelle (poi in realtà sono 15), ce la fai in tre giorni? sì? meraviglioso! ma quanto sei brava! allora nel frattempo se troviamo qualche altro stronzo che ha voglia di farsi tradurre le sue pippe, che fa, approfittiamo?
Morale della favola: le cartelle sono diventate 18, e ieri aspettavano un'altra scheda (doveva arrivare "in serata, speriamo").
Naturalmente coinvolgo Mark perché l'occhiata di un madre lingua è sempre benedetta. È rimasto alzato fino a mezzanotte e mezza e oggi doveva scaricare tutto il ben di dio a Firenze perché cominciano quest'altro cantiere. Tantamount to saying: se vuole divorziare, te la sei cercata. Poco c'è mancato. Ma lui mi dice sempre di accettare tutto, e allora? Io avrei fatto meglio a non accettare.
Cmq, adesso rimando queste pippe al mittente con tante belle cose, e l'ultima scheda se la traducono loro, ché oggi è venerdì, c'ho palestra, ho un raffreddore da paura, piove che Dio la manda, il cesso è otturato, Mark stasera sarà distrutto e incazzato come una bestia, e io già alle otto e mezza di mattina c'avessi due palle sarebbero due mongolfiere.

Monday, October 25, 2004

Non so se riuscirò a continuare a scrivere. Mi fa un certo effetto avere creato un blog. La cosa è stata del tutto accidentale, e comunque avverto un certo pudore a parlare di me e di quello che mi succede.
Parto per confronti: ho leggiucchiato un paio di blog di gente che sta all'estero e sicuramente fa una vita molto più eventful di me, se non altro perché parla di altre culture. Io sono qui a Prato e non è che sia un luogo memorable. Sicuramente, dal punto di vista culturale, è molto diverso dal mio di origine (siciliana sono). Comunque ormai sono qui da un anno e mezzo e quando me ne andrò, più o meno a febbraio credo, proverò un certo dolore. Perché io sono così, all'inizio mi scazzo ma poi mi affeziono, mi piace la routine, almeno una certa routine, una certa sicurezza, e non è l'età, ché 'sta cosa l'ho sempre avuta. Avere uno schema giornaliero mi aiuta a non perdere lo schema nella mia testa.
Ma basta adesso. Forse scriverò ancora. Se riesco a superare l'orrido effetto che questi caratteri mi faranno sullo schermo del mio computer...