Friday, December 31, 2004

Down Under Part 2

Oggi qui ci sono 34 gradi. Mattinata in piscina per cercare di aiutare Chiara ad avere dimestichezza con l'acqua. Io naturalmente non mi adeguo, ma ci vado lo stesso perché ho paura che l'amica di Mark, che tra parentesi insegna nuoto e si è offerta di accompagnarci (tra l'altro non ci ha fatto neanche pagare), si incazzi all'idea che io possa preferire la lettura di un (buon) libro al cazzeggiamento in piscina. Effettivamente sarebbe così. Solo che non mi va che pensino a Mark come a un poverino che ha sposato una scassacazzi-killjoy. Immagino già che qualcuno lo pensi. Personalmente mi è totalmente indifferente quello che alcuni amici di Mark pensano di me. Ritengo che per loro sia altrettanto indifferente ciò che io penso di loro. Ha! Questo vale soprattutto per alcuni elementi di sesso femminile. Con i maschi, siamo alle solite, vado abbastanza d'accordo. Come per Chiara. Con i gay, poi, ogni volta è un crush. O quasi. Per quanto mi riguarda devo dire che ho perso molto carisma in questi ultimi dieci anni.

Devo dire che avrei preferito una piscina aperta stile quelle di Sindelfingen al supa-dupa facility nel cuore di Albert Park. Almeno mi sarei abbronzata un po' e avrei sentito meno l'odore del cloro. Dopo i primi venti minuti di ansia Chiara comincia a divertirsi un mondo, e Daddy è un ottimo istruttore. Io faccio qualche foto da mamma orgogliosa e osservo gli altri pargoli che rispetto a mia figlia sembrano degli anfibi. Sono particolarmente colpita da un minuscolo animaletto difficilmente oltre i diciotto mesi di vita, il quale sguazza tranquillamente nell'acqua senza alcun timore, e si sollazza con tutte le diavolerie presenti nella children's pool: ci sono grosse manopole, stile raffineria per intenderci, da girare in senso orario o antiorario e con le quali si azionano vari giochi d'acqua, con zampilli che fuoriescono da lunghi tubi forati, e un vigoroso "soffione" che provoca urla incontenibili di divertimento.

Naturalmente Chiara cade vittima del bully di turno, una ragazzetta con i goggles che la trascina nell'acqua mentre lei è in groppa a Daddy, tutta contenta. Ma quanto sono stronzi i bambini in Australia. Secondo me un po' di Valium a colazione non potrebbe che avere effetti positivi sul loro carattere "esuberante".

Trovo Melbourne molto affascinante. Con questo strano contrasto fra l'architettura anglosassone e la flora mediterranea. Se vai per le zone residenziali ti sembra per un momento di essere in qualsiasi parte dell'Inghilterra, ma è solo un momento: che ci fanno gli oleandri, le bignonie, le bouganvillee, i nespoli fra i bovindi e le staccionate?

E si ripropone l'eterno dilemma dell'ipotetico soggiorno in Australia. Quante chances avrebbe Mark di potere tornare qui a lavorare per un anno? Se si eccettua l'età, non sono poche. A me non dispiacerebbe. A me non dispiacerebbe comunque andare in qualche altra parte del mondo che non fosse Roma. Mi sento come a vent'anni, che non vedevo l'ora di cambiare aria, e poi dopo un po' mi stancavo e volevo tornare a casa, oppure partire verso un altro luogo sconosciuto. Sono sicura che dopo un anno anche Melbourne mi verrebbe a noia, e comincerei a sopportarla come sopporto Roma. In un certo senso Roma mi piace anche, anzi, è la più bella città che conosco -- non che ne conosca tantissime, e comunque cosa significa conoscerle? Da turista potrei anche dire di apprezzare una città come Palermo. Da residente, mi verrebbe l'orticaria. Ma la gente mi viene voglia di pestarla sotto i piedi.

Anyway, dato che mi trovo in questa parte del mondo avrò anche l'onere e l'onore di entrare nel 2005 prima degli Europei. La cosa non mi entusiasma più di tanto. Lots and lots and lots of New Year's Resolutions quest'anno. Ma tante tante. E tutte molto importanti. E altrettanto impossibili. Intanto saluto il Nuovo Anno con un conto corrente all'asciutto, due punti in meno sulla patente (me ne fotte assai) e una full-blown menopausa. Non c'è male. Ma ci sono anche un marito meraviglioso (pur con i suoi difettucci), una figlia diabolicamente fascinosa e una nutrita schiera di buoni amici. I'm happy this way.

Tuesday, December 28, 2004

Down Under Part 1

Ieri mattina sono stata svegliata dalla pioggia. Pioggia è un eufemismo; diciamo piuttosto una violenta scarica di acqua -- suppongo gelida quanto basta -- che è durata per un periodo non meglio quantificabile, essendo io in realtà in stato semicomatoso. Ebbene, siamo all'inizio dell'estate australiana, e qui fanno 16 gradi. Lo dico per tutti quelli che pensano che io me ne stia in riva al mare a prendere il sole. Certo sto molto meglio di chi ha scelto di andarsene alle Maldive.

Melbourne, con i dovuti termini di capovolgimento, si trova alla stessa latitudine di Trapani. Purtroppo però tra lei e il Polo non c'è un continente (a sua volta dotato di un mare interno, catene montuose, ecc. ecc.), bensì una distesa di mare piatto. Le conseguenze di questa particolare disposizione geografica possono essere disastrose. Come ha detto ieri Mark T, siamo vicini alla fine del mondo. Lì all'orizzonte, oltre Port Phillip, c'è l'Antartico, cazzo.

Quando qui soffia vento da sud non è lo scirocchino nordafricano, bensì una gelida massa che ti intorpidisce le membra. Mentre quando il vento comincia a soffiare da nord, cioè dall'interno desertico, i termometri salgono di 10-12 gradi nel giro di poche ore. Qui lo chiamano warming up. Una bella esperienza: esci alle dieci di mattina tutto contento per il teporino primaverile e a mezzogiorno hai la lingua di fuori perché ci sono 37 gradi.

L'unico vantaggio, per una come me che ha subito l'insulto delle torride e perenni estati palermitane, quando non hai scampo alla calura neanche di notte, è che qui il tempo è MOLTO mutevole. C'è il warming up, certo, ma massimo entro un paio di giorni hai il cool change: ed ecco che ti ritrovi in una situazione molto simile a quella attuale. Che dire? Tutto sommato la preferisco alla monotonia dell'estate dell'altro emisfero. Però se uno è metereopatico può anche rimanerci secco.

Le giornate passano tra un turbinio di amici di Mark, Simon e Mark T, con un ritorno ai vecchi tempi -- ah, il buon sano etilismo di una volta -- e scorpacciate di specialità culinarie, soprattutto asiatiche. Domani, per esempio, dim sum. Meraviglioso. L'altro ieri, giapponese. Chiara ha gradito moltissimo. Ha anche provato ad usare i chopsticks, con notevole successo. Stasera io e Mark rimaniamo a casa e ci facciamo un take away tailandese. Magari con l'aggiunta di qualche Cascade.

Due giorni fa siamo andati a un barbecue, o barbie, come dicono qui, perché qui si accorcia tutto, è un po' come con il tedesco in Svizzera o in Schwabien: il Natale è Chrissie (giuro), i regali non sono presents ma prezzies, e via di questo passo. Nice introduction to Aussie culture. Qui naturalmente per Natale si fa un barbecue, non si fanno né tortellini né lasagne. Salsiccie, bistecche, gamberoni, crayfish. E tanto, tanto alcool.

Friday, December 24, 2004

Facendo finta che le paturnie per il bagaglio irrimediabilmente perso mi siano finite, spendo un po' del mio preziosissimo tempo di relax per fare un po' il punto della situazione.

Qui sono le undici di sera e abbiamo appena finito di impacchettare quattro regalucci per i parenti -- nonché per i parenti dei parenti che, secondo un saggio detto della mia terra, "ammia 'un mi vennu nenti". Però siccome domani sono lì a rompere i coglioni con noi, gli si deve pure dare un gettoncino di presenza.

Accanto all'alberuccio di Natale ho messo il regalone per Chiara, che tra parentesi continua a fare qualche confusione e a chiamare l'albero di Natale "Babbo Natale" oppure "Kismastaim". E' il primo anno che manifesta qualche entusiasmo per la ricorrenza e mi fa molta tenerezza. A differenza dell'anno scorso la preparazione dell'albero l'ha vista partecipe e consapevole (fino a un certo punto), affascinata dagli ori e dagli argenti e dagli scintillii vari. Immagino che l'anno prossimo sarà ancora più coinvolta. E che soprattutto non potremo andare con lei a comprarle i regali...

Domani arrivano Simon e Mark T, da New York e da Londra rispettivamente (minchia rincoglionimento) e la grande famiglia G sarà riunita, immagino per una delle ultime volte. Sono molto contenta per Mark perché per lui è una cosa importante. Ieri l'incontro con sua madre è stato molto commovente. Per quanto l'Alzheimer galoppi lei l'ha riconosciuto, e anche oggi, non appena l'ha visto, ha sorriso (mentre due secondi prima, vedendo me e Chiara, non aveva dato segni di vita). Muovendomi nella sua casa, con tutti quei pizzini applicati qui e là per ricordarsi le cose, nella sua scrittura appena un po' tremolante, fra le sue fotografie, mi sento un po' come se sia già morta e noi stiamo lì fra le sue cose che sanno di vecchio e di passato. Non so che impressione mi faranno quando sarà veramente morta e magari mi ritroverò ancora in questa casa. Avere l'Alzheimer è molto come morire. Ho visto svanire il suo senno nei quattro anni che l'ho conosciuta. Non avrò mai di lei l'idea di una persona "normale", e mi dispiace tanto. Da quanto mi sembra e da quanto so non deve mai essere stata una persona duci ri mussu, facile da prendere, easy to please. Chissà. Però Mark la ama molto e ieri, mentre davanti a me camminavano abbracciati, pensavo a quanto sarebbe bello avere ancora la mia, di madre, quanto meno per sapere se anch'io mi succhiavo le dita come Chiara.

Monday, December 20, 2004

Merda merda merda

Eccomi a Melbourne.
Lo stress va gradatamente scemando ma è successo qualcosa che mi farà stare in una malcelata situazione di rabbia per chissà quanto tempo. Questo perché avrei dovuto rilassarmi.
Arrivando finalmente a destinazione alle 2.30 di notte ora locale, dopo oltre 3o ore di viaggio di cui 24 in aereo, tre scali, non so quanti security checks, una bambina in stato isterico, un paio d'ore di sonno - merdoso - sul groppone, il nostro stato di rincoglionimento è tale che ci dimentichiamo una valigia sul taxi. C'erano dentro alcuni miei gioielli, i libri di Chiara, i nostri regali di Natale.

E addio ti dissi. Alla faccia della "cultura diversa" di cui parla Mark, il bastardo di tassista non ha fatto un cazzo per farcela riavere. Il bastardo non si può rintracciare. Ci vedete, in quelle condizioni, ricordare il numero di un taxi o leggere il nome del bastardo sul tesserino sul cruscotto di un van e quindi distante da noi e/o stampato a caratteri microscopici quel tanto che basta per rendercelo indecifrabile? Hanno detto che ci sono 1700 taxi di quella compagnia a Melbourne. Ma quanti con quel tipo di van e quanti in night duty la notte di venerdì 17 dicembre?
Compagnia dei taxi, polizia...niente da fare. L'ho presa proprio male.
Non è giusto cominciare un viaggio così, cazzo. Perdi qualsiasi fiducia nel genere umano.

Monday, December 13, 2004

Di fronte al gran casino che mi trovo davanti mi chiedo: ma forse che una parte non troppo inconscia di me stessa non abbia voglia alcuna di partire?

Oh, yeah!

Non ho ancora fatto la valigia. No, magari diciamo che non l'ho finita. Oddio, magari specifichiamo che se vado avanti così finirò alle due di notte.

Aiutooooooooooo!

L'arte della disorganizzazione

Sono ritornata ai vecchi 56K (anzi 46666 per essere precisi) e ci metterò vent'anni per pubblicare questo post.

Sono vedova bianca con prole a carico. Sarà faticoso fare tutto con Chiara come strascico, ma non ho intenzione di uscire una lira per babysitter, e poi non è detto che ne troverei una anche se la cercassi. La casa è un unprecedented bordello: attorno a me ci sono ben sette valigie di varie dimensioni, otto se conto anche la case del laptop. Tre bustoni di carta, una busta di plastica. Il divano letto impraticabile e straripante di lenzuola, cuscini, vecchi vestiti di Chiara, vestiti miei, giocattoli. Sulla scrivania altri giocattoli di Chiara e le tipiche ultime cose che devi infilare nel cabin luggage: regali, toiletries, cazzate varie. Appeso a uno degli scaffali dei CD un assegno di Mark per il cambio. Anche il tavolo è discretamente invaso da scartoffie e indumenti, ma poco male, perché io e Chiara abbiamo mangiato sedute comodamente davanti la TV, lei in poltrona io sullo sgabello. Quando il gatto non c'è i topi ballano: a dormire dopo le dieci e abbuffata di MTV, però il bagnetto l'abbiamo fatto e lei è andata a letto senza rompere troppo (eccecredo: meglio di così...)
Domani sarà una giornata campale se non riesco a mantenere il ritmo, il che è abbastanza probabile, 1) perché sono stanca ancora prima di cominciare; 2) perché Chiara sarà, con tutte le buone intenzioni, una palla al piede notevole; 3) perché ormai la mia disorganizzazione è proverbiale.

Mi preoccupa questo fatto di non riuscire a organizzarmi, a decidere: basterebbe mettersi lì come un'idiota e fare le cose per gradi, ma non riesco a fare neanche quello. Mi arrabatto, cerco dei vestiti da portarmi, metto da parte un paio di cose, poi penso: "e se fa caldo?" "e se fa freddo?" Melbourne mi ha già fatto vedere un capodanno in cappotto, e l'anno successivo invece quasi tre settimane di caldo torrido, quindi davvero devi portarti un po' di tutto, a meno che non ti salti il ghiribizzo di comprarti là quello che ti serve. E con i tempi che corrono per le mie finanze non mi sembra proprio il caso.

Insomma, sono lì che faccio questi balletti del cazzo, e il peggio che devo farli non solo per me, ma anche per Chiara, e lì diventa una tragedia perché mi lascio prendere dalla sindrome bambola e vorrei portarle di tutto e mettere in valigia tutto quello che ha. Devo anche stare attenta a non portarmi cose dell'estate che magari non le vengono più. Che casino. E poi il bagaglio a mano, che stress!!! Quanti cambi, che cazzo ci metto? E Mark sempre lì come un watchdog a dirmi: hai messo l'asciugamani? hai messo i cracker? Giuro che quando fa così non lo sopporto...ho qualche amica con un marito scassacazzi di questo tipo, ma alla fine Mark è più disorganizzato di me. Non so se ridere o se piangere.

Da quando c'è Chiara non riesco a organizzarmi, questo è certo. Ho fatto decine di viaggi per i cazzi miei e non mi è mai venuto il coccolone. Non avevo bisogno di fare le liste, anche se alla fine le facevo, più per vezzo che per altro, ma le cose le sapevo a memoria. Da quando c'è lei mi dimentico sempre di qualcosa, o il bavaglio o l'acqua o i fazzoletti. Faccio figure di merda. Non che me ne fotta molto, ma è fastidioso, cazzo.

Speriamo che domani il cielo sia chiaro e la mente anche. Ne avrò bisogno. Adesso vo a letto perché il sonno di questi tempi è necessario. Fra due giorni lo desidererò fino allo spasimo, e non riuscirò a chiudere occhio.

Friday, December 10, 2004

Tragedy is not the hard part. The hard part is when you don't quite succeed and you have to keep on fighting. When you must keep going on and on and on in the face of really hopeless odds, of real temptations to despair.

(Cordwainer Smith, The Lady Who Sailed the Soul)

All hands on deck...

Io mi chiedo a cosa serva avere delle amiche se poi non riesco neanche ad aprirmi un po' con loro. Forse ho vergogna della mia situazione; ma di cosa dovrei vergognarmi, poi. Forse il mio essere arrivata lì dove loro ancora non sono arrivate mi fa stare a disagio. Non riesco a comunicare nulla.
Non riesco, non riesco...adesso mi viene in mente le statistiche che facevo al liceo, quando alla fine di un quaderno del mio diario scrivevo quante volte ricorrevano voci tipo "non riesco" "non posso" e via di questo passo, tanto per avere meglio un'idea della mia incapacità congenita di reazione. Già, non sono particolarmente reattiva, nei confronti della vita. Sempre le freccie spuntate, diciamo. Non che non sappia mirare all'obiettivo. Ma le freccie non lo colpiscono.

Avrei bisogno di molto aiuto. Me ne rendo conto, per cercare di dipanare questa matassa. Però lo nego e mi nego, e le amiche devono venire ad elemosinare queste mie confidenze - diciamo che solo Dani lo ha fatto - mentre alcune si sono giustamente rotte le palle e mi lasciano nel mio brodo.

Tuesday, December 07, 2004

La prossima volta alle Poste - possibilmente non Italiane

Oh beh allora, qualche digitatina (nessun riferimento onanistico, prego, spec con i tempi che corrono...) prima di rituffarsi nella routine quotidiana.
Sembra che io sia ufficiosamente in ferie, il che tradotto in soldoni - oddio, proprio in soldoni no - equivale a dire che questo mese di dicembre sarà in rosso fisso. Già mi ritrovo con un conto in banca ai minimi termini, causa pagamenti put on hold, finanziamenti in attesa, bastardi che si tengono i soldi. Una si ritrova con uno stato di liquidità assai viscoso ma cerca conforto nel pensiero che, a conti fatti, le devono ancora una scodellata di mila euro. Conforto? Ti senti così scorata che ti incazzi pure, e di brutto.

Questo è un lavoro che prima o poi ti incazzi. Ti incazzi perché non ne hai, o ne hai troppo e non ce la fai e allora devi dirottarlo - se ci riesci, e comunque poi ci devi sempre ridare un occhio perché ti fanno arrivare certe schifezze - oppure devi rinunciare, e maledici tutto e tutti per il mistiming, magari perché era molto meglio di quello che hai.
Ti incazzi perché non capisci mai che cazzo devi fare. Non che questo compaia poi a conti fatti nel tuo reale rapporto con il/di lavoro. Ma tre volte su quattro a livello subliminale sei sempre lì a chiederti se è giusto tradurre così, e ti vengono le paturnie della backtranslation, e quando arrivi a questo punto hai toccato il fondo, e la cosa che faccio io è alzarmi dalla scrivania e andare al cesso/in cucina/sul terrazzo/per la strada/affanculo/anywhere.
Ti incazzi perché passi da gente che ha i neuroni con i recettori transmembrana per l'ISO 9001 e ti manda elenchi/boilerplates/TMs/commenti/cazzate a gente che non capisce neanche cos'è una cartella...

Adesso vado, è tardi. Cielo quasi azzurro e temperatura caldina per Prato. 'Sto pomeriggio uscita con bimba per ammirare le luminarie e le vetrine, anche senza un soldo in tasca. Tanto ormai non mi frustro neanche più, c'ho fatto il callo.

Monday, December 06, 2004

Avere un backdoor nel backdoor

Riscrivo questo post, che avrebbe già dovuto essere stato visibile sul sito, se non fosse stato per un improvviso ammutinamento che non so a cosa addebitare (da qui il post precedente). Stanotte per un attimo il mio blog è diventato schizofrenico e si è suddiviso in due, da una parte un solo post con questo titolo, dall'altra tutto il resto. Adesso le cose sono ritornate "normali", solo che il post è scomparso, perso fra i meandri del web. Adesso me lo immagino roteare su stesso nell'immenso silenzioso universo, come l'astronauta fatto fuori da Hal in 2001 Odissea nello Spazio.
In breve, ho un altro cazzone di trojan nel computer. Uno proprio di quelli brand new, o meglio un update dei soliti SdBot, o giù di lì. Che Norton, come suo solito, ignora signorilmente, ma che Kaspersky ha identificato benissimo come trojan, salvo poi rispondermi picche quando volevo capire come cazzo toglierlo di mezzo. Non so come ci sia entrato, non oso immaginare che nonostante il clear-out fatto due mesi fa qualcosa sia comunque rimasto e sia riuscito a rifarsi una vita. Sfruculiando in regedit tra l'altro ho trovato che ero comunque piena di roba in HKCC, anche se ormai gli .exe non c'erano più...mi sa che dovrò reinstallare tutto, per evitare altre brutte sorprese.

Qualcosa non quadra

sssssssa-ssssssssssssssssa- prova-prova-sssssssssssssssa-ssssssssssssssa

Friday, December 03, 2004

Svenevolezze

Stanotte ha piovuto molto. Questo non ha fatto altro che intensificare - sempre che ce ne fosse il bisogno - le mie difficoltà a prender sonno. Però ero abbastanza serena, qualche endorfina resisteva, e quindi non mi sono lasciata prendere dalle molte paturnie che mi affliggono.
Sono rimasta per un po' di tempo a chiedermi semplicemente se dopo tutto non ci sia un celato disegno nella vita.

Quello che mi è accaduto questa settimana è piuttosto strano. Con la morte nel cuore ero pronta a immolarmi sull'altare del Lavoro-A-Tutti-I-Costi. Ho affrontato questa cosa come se stessi andando al patibolo. Una microscopica parte di me diceva "vedrai che non sarà poi così male", ma cosa poteva farci di fronte all'evidente mancanza di preparazione, di esercizio, di concentrazione, di sinapsi? Sarebbe stata una débacle mortificante, lo giuro. Sarebbe stata una versione reale, spaventosamente reale, di uno di quei sogni da frustrata che mi capita di fare, io in cabina con la cuffia e l'oratore che parla una lingua che non capisco e che I'm supposed to be interpreting from... panico. PANICO.
E invece, mercoledì, proprio poco prima di decidermi a comparmi il biglietto del treno, mi telefonano dal Ministero e mi dicono che non se ne fa più niente, che i russi non arrivano, che tutto è rimandato a data da destinarsi. Ero così presa dalla botta che non riuscivo neanche a provare un briciolo di sollievo. Anzi, non credo neanche di essermi sentita sollevata, dopo. Be', un po' sì, ma era come se l'avessi saputo, eppure la paura e la sensazione di stare andando al patibolo avevano cominciato a materializzarsi già da tempo.

Ora, mi chiedo: a parte la clamorosa botta di culo, mitigata dalla mancanza dei soldini che non arriveranno, mi chiedo se questo evento non sia voglia significare qualcosa di più.

La notte fra martedì e mercoledì ho avuto un attacco di asma. Forte, non l'avevo così da mesi, forse da un anno e più. Mi sono svegliata per la mancanza d'aria. Mi sono fatta un puff. Meglio dieci pattern aritmici che morire soffocata, lo giuro. La crisi cessa. Mi riaddormento ma ormai sono compromessa e per riprendermi ci metterò ore. L'ipossia mi fa sragionare. Sento qualcuno che mi tocca i capelli, e non è Mark, che durante tutto questo non si è mai svegliato, povero amore stravolto da dodici ore di lavoro. Delle dita, delle manine che sfruculiano il piumone. È Chiara, mi dico, è Chiara che è scesa dal lettino, è scesa dal lettino con le sbarre non so come cazzo ha fatto ma c'è riuscita e adesso è venuta da noi. La lascio venire a letto e poi crollo.

Non so chi mi abbia accarezzato i capelli, ma certo vorrei tanto credere che sia stata mia madre.