Monday, August 08, 2005

Per come sono fatta io, la nostalgia è il mio pane quotidiano. Oddio, adesso esagero (come sempre). Diciamo non quotidiano, ma qualcosa in cui crogiolarmi senza ritegno ogni volta che se ne offre l'occasione.
Devo dire però che quella di Prato non è propriamente nostalgia. Mentre sgobbo davanti al computer (ecco, il caro elettrodomestico è in piena crisi di identità, dato che ora vi accedo sotto innumerevoli epiteti per evitargli inutili seccature - ma creandone a me, naturalmente, - in questo momento la sua CPU rumoreggia un non so checcazzo, dato che non ci sto mettendo assolutamente mano, perché sono davanti a quello di Mark) e come al solito mi isolo dal mondo, al momento di rientrare alla base mi sembra ancora di averci davanti la finestra, e invece non è così. E alcune volte, affogata come sono in questa casetta che straripa di roba, mi sembra di sentirmi attorno lo spazio della casa di Prato.
Mi dispiace essere andata via. Al parco sento queste nenie romanesche e mi viene la nausea. Credevo che avrei sofferto di più, ma il fatto di essere a Roma in agosto aiuta un po' a riabituarsi alla grande città a gradi, senza essere sparati nel caos metropolitano più insopportabile dopo due anni di placida provincia. Ci sono questi sprazzi di pensieri nascosti, di sensazioni sottili. L'idea che più vado avanti più mi mancherà. Eppure non era bella e non era attraente. Ma si faceva accettare e ti accettava e io ormai ne facevo parte.
Diventerà così anche per Roma?