Tuesday, November 09, 2004

Pledge

Certo che se continuo così di questo passo mi verrà la voglia di premere il pulsante "delete this blog" e buonanotte. Il fatto è che per me è impossibile mettermi davanti al computer la sera tardi, o a notte fonda, come suppongo che faccia la maggior parte della popolazione dei blogger, semplicemente perché il mio profilo non è certamente conforme a quello della maggior parte della popolazione dei blogger. Sono una madre di famiglia, io. E per di più il computer rappresenta il mio mezzo di produzione, per cui alla fine della giornata, quando stacco intorno alle 6, del computer ho le palle così piene che l'idea di mettermici davanti ancora mi fa venire da vomitare. Meglio strappare qualche mezz'ora al lavoro la mattina, tanto sono il boss di me stessa e nessuno mi può rompere le palle (bella questa nuova definizione che ho dato del mio lavoro di traduttrice-interprete free-lance: il boss di me stessa; dovrei ripetermela più volte stile mantra quando mi accorgo che la gente non mi paga da un anno - a proposito, devo telefonare a quegli stronzi di Catania - o quando l'idea di andare in ferie diventa una fonte di ansia pazzesca di fronte a tutti quei giorni senza reddito...)

Vediamo se posso magari approfittare di questa mezz'ora per fare un blog, almeno cinque giorni alla settimana. Un blog con orari da ufficio. 10am-6pm, Mon-Fri.

Qui a Prato è improvvisamente arrivato il freddo, un freddo da 5° alle 9 di mattina. L'ho presa davvero male, strano per una come me che al freddo non ci ha mai fatto tanto caso. Forse sarà perché ho ancora la roba davvero pesante a Roma. Forse?
Un VERO problema della vita matrimoniale, anzi, a tre - cioè con prole inclusa - è che alla fine dei conti non puoi programmarti la vita come cazzo ti pare. Detta così sembra una banalità pazzesca - la mancanza di libertà totale in questo senso è probabilmente un caposaldo del matrimonio - ma quando la provi sulla tua pelle, e soprattutto non hai più il contraltare del rapporto idilliaco con l'amato/a, ti fermi per un attimo a considerare con più attenzione le ragioni che ti hanno spinto al fatidico passo. Ti chiedi se, con l'aumento - inevitabile? - delle frustrazioni e delle limitazioni e delle oppressioni e l'affiochimento - inevitabile anche questo? - del desiderio, della volontà e delle forze, prima o poi non andrà tutto a puttane.

Se uno si lasciasse prendere dallo scoramento probabilmente mollerebbe tutto alla prima difficoltà, alla prima sensazione di limitatezza. Sarà vigliaccheria o coraggio, il fatto di continuare? E se continui, lo fai facendo finta di non vedere o avendo un quadro ben preciso di quello che non va? [Cioè, in altri termini, vigliaccheria o coraggio]
Non lo so perché continuo. Forse perché, a conti fatti, quello che ho adesso è decisamente molto migliore di quello che avevo prima.
Ma certe volte non è ancora abbastanza.

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