Friday, December 03, 2004

Svenevolezze

Stanotte ha piovuto molto. Questo non ha fatto altro che intensificare - sempre che ce ne fosse il bisogno - le mie difficoltà a prender sonno. Però ero abbastanza serena, qualche endorfina resisteva, e quindi non mi sono lasciata prendere dalle molte paturnie che mi affliggono.
Sono rimasta per un po' di tempo a chiedermi semplicemente se dopo tutto non ci sia un celato disegno nella vita.

Quello che mi è accaduto questa settimana è piuttosto strano. Con la morte nel cuore ero pronta a immolarmi sull'altare del Lavoro-A-Tutti-I-Costi. Ho affrontato questa cosa come se stessi andando al patibolo. Una microscopica parte di me diceva "vedrai che non sarà poi così male", ma cosa poteva farci di fronte all'evidente mancanza di preparazione, di esercizio, di concentrazione, di sinapsi? Sarebbe stata una débacle mortificante, lo giuro. Sarebbe stata una versione reale, spaventosamente reale, di uno di quei sogni da frustrata che mi capita di fare, io in cabina con la cuffia e l'oratore che parla una lingua che non capisco e che I'm supposed to be interpreting from... panico. PANICO.
E invece, mercoledì, proprio poco prima di decidermi a comparmi il biglietto del treno, mi telefonano dal Ministero e mi dicono che non se ne fa più niente, che i russi non arrivano, che tutto è rimandato a data da destinarsi. Ero così presa dalla botta che non riuscivo neanche a provare un briciolo di sollievo. Anzi, non credo neanche di essermi sentita sollevata, dopo. Be', un po' sì, ma era come se l'avessi saputo, eppure la paura e la sensazione di stare andando al patibolo avevano cominciato a materializzarsi già da tempo.

Ora, mi chiedo: a parte la clamorosa botta di culo, mitigata dalla mancanza dei soldini che non arriveranno, mi chiedo se questo evento non sia voglia significare qualcosa di più.

La notte fra martedì e mercoledì ho avuto un attacco di asma. Forte, non l'avevo così da mesi, forse da un anno e più. Mi sono svegliata per la mancanza d'aria. Mi sono fatta un puff. Meglio dieci pattern aritmici che morire soffocata, lo giuro. La crisi cessa. Mi riaddormento ma ormai sono compromessa e per riprendermi ci metterò ore. L'ipossia mi fa sragionare. Sento qualcuno che mi tocca i capelli, e non è Mark, che durante tutto questo non si è mai svegliato, povero amore stravolto da dodici ore di lavoro. Delle dita, delle manine che sfruculiano il piumone. È Chiara, mi dico, è Chiara che è scesa dal lettino, è scesa dal lettino con le sbarre non so come cazzo ha fatto ma c'è riuscita e adesso è venuta da noi. La lascio venire a letto e poi crollo.

Non so chi mi abbia accarezzato i capelli, ma certo vorrei tanto credere che sia stata mia madre.

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